Spremuta d’archivio
- At aprile 03, 2017
- Scritto da EleonoraDiMauro
- In Fotografia
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Ho aggiornato il mio computer di recente, passando dal vecchio hard disk a una SSD. Nella prospettiva di fare un backup sensato di tutti i file fotografici, senza riempire l’hard disk esterno con robaccia inutile, ho colto l’occasione per rivedere totalmente tutto il mio archivio: sei anni di fotografie, se vogliamo considerare solo quelle fatte con la reflex (prima usavo una bridge).
Selezioni multiple e “canc” a iosa: ore, giorni passati così. Felicità a fine giornata, ogni volta che eliminavo una decina di giga. Ma mi ha fatto proprio bene, e quello che ne ho ottenuto è stato trovare molte fotografie che non erano da buttare. Sono più o meno una trentina, qualcuna finirà nelle gallerie del sito, ma volevo, in ogni caso, condividerle in un post (si aprono in un’altra finestra). C’è un po’ di tutto, ma principalmente sono scatti di avifauna fatti col 100-400 Canon: una cosa alla quale, finchè vivevo in campagna, mi dedicavo proprio giornalmente.Per qualche motivo ultimamente, quando carico le foto direttamente sul sito, qualcosa non funziona: mentre risolvo il problema ho preferito caricarle su Flickr e ricondividerle da lì. Tra l’altro: perché avevo abbandonato Flickr? Ne ho sentito la mancanza, si mantengono sempre al top nonostante la concorrenza! 😉
Se avete Flickr, approfittate per seguirmi. In genere sono molto attiva e lascio sempre qualche commento.
A ritrovare tutte queste vecchie foto e ricordarmi dei momenti in cui le ho scattate, mi sono divertita talmente tanto che penso di replicare con costanza. Forse ne farò una rubrica fissa o una categoria di post ad hoc. Rivedere a distanza di tempo gli scatti aiuta ad essere più obiettivi sulla valutazione che ne facciamo. Subito dopo averli fatti, ci teniamo troppo.
In altri casi, il nostro senso critico ha bisogno di tempo per svilupparsi, l’occhio va allenato. E allora è bene non buttare tutto subito, ma conservare quanto meno le foto più o meno corrette dal punto di vista dell’esposizione ecc. Ma come si scelgono le immagini migliori? Spesso è veramente difficile essere photo editor di sé stessi, dopo tanti anni ho ancora delle incertezze.
Quando bisogna scegliere un’unica immagine da una serie di foto simili, la prima cosa da considerare è la correttezza dei classici parametri: esposizione, buona riuscita della tecnica particolare che ci si era prefissi di utilizzare, altre cose che non si possono modificare in post produzione senza danneggiare la foto perdendo qualità o aggiungendo troppo rumore. Spesso, tuttavia, si tratta di sceglierne una invece che un’altra sulla base di piccoli dettagli.
Personalmente, se ho una serie di foto simili tra loro scelgo quella in cui non c’è niente da clonare, non ci sono elementi di disturbo della composizione. Clonarli sarebbe un attimo ma, nel caso volessi in futuro partecipare a qualche concorso fotografico, potrei giocarmi la possibilità di concorrere con quell’immagine, visto che spesso non accettano questa manipolazione. In ogni caso, così facendo, propongo sempre fotografie molto reali, che non sono state ritoccate.
Per esempio, nella foto qui sopra ho notato solo dopo il chiodo in basso a destra. Ma ho anche deciso di fregarmene lasciandolo lì dov’è (anche la piccola roccia è fastidiosa, perché rende tutto meno “minimal” come avrebbe dovuto essere nella mia mente). C’è chi storce il naso davanti a questa assenza di perfezione, chi invece apprezza.
In fotografia naturalistica scegliere una foto da una serie può essere più difficile che nel reportage, dove, ogni minuto che passa, muta la scena e la situazione che abbiamo fotografato e, quindi, ogni scatto ha probabilmente da dire qualcosa di diverso. Questo vale per soggetti statici, ovviamente, non se sto fotografando una scena d’azione che coinvolge degli animali. Lì si possono usare tecniche di selezione simili al reportage, interrogandosi su quale immagine comunichi più cose, o dia un senso di maggiore coinvolgimento dello spettatore, tanto per dirne una.
Per il resto, non mi fisso su cose come la regola dei terzi, la sezione aurea, la presenza di minimi punti di luce bruciata (se sono minimi…) o di ombra illeggibile. Ho scritto tantissimi articoli su questi temi e ora non voglio dire che non credo nelle cose che ho scritto, ma solo che scelgo di non prendermi tante brutte malattie del foto amatore alle prime o alle seconde e terze armi.
Altre volte, ho notato ripercorrendo il mio percorso fotografico in questi giorni, ho scartato una fotografia nel timore che non venisse capita. Che cavolata. Oggi che sono un pò più matura sento che bisogna fregarsene. All’inizio postavo spesso le mie foto sui forum e ricevevo alcune volte commenti che mi suggerivano una composizione diversa o mi chiedevano perché avevo scelto proprio quella, nonostante la sempre imperante regola dei terzi suggerisse di fare diversamente. Una scocciatura. Odio questa mancanza di libertà in fotografia e la rifiuto.
I tutorial sulla composizione, per esempio, sono una cosa che serve a chi inizia, a chi -diciamocelo- fa foto che fanno proprio schifo. Questa persona ha bisogno di incardinarsi, di dare delle regole alla propria sregolatezza, al suo fotografare a casaccio. Ma dopo passa. Una volta che fate foto che non fanno più schifo, fotografate come vi pare, dico io.
Poi c’è da dire una cosa: alcune foto vanno buttate, senza se e senza ma. Alcune volte ho tentato di ottenere qualcosa senza riuscirci, e mi sono portata a casa una serie di tentativi. Tentativi, appunto, e come tali dovete prenderli. Esercizi per la prossima volta, cose che devono essere rifatte meglio, magari documentandosi su come farle tecnicamente (visto che da sé non ci si è riusciti), o solo cercando ispirazione in come le ha fatte qualcun altro (senza per questo rifarle uguali, s’intende).
Io di foto ne ho buttate tantissime, anche se questo è dovuto più alla mancanza di ordine nell’archiviarle che ad altro. Non sono diligente da questo punto di vista. Torno a casa, quando ho tempo le scarico e le guardo sommariamente, se c’è qualche “capolavoro” (virgolettato eh…) ci metto mani subito con Lightroom e condivido, altrimenti ciao-ciao cartellina Windows. Un giorno ci tornerò, mi dico.
Sbagliato procedere così, lo sconsiglio e io stessa mi bacchetto le mani e d’ora in avanti farò diversamente. Ora che ho un occhio fotografico più allenato posso permettermi di valutare subito cosa c’è da conservare e cosa da eliminare. Magari attenderò solo qualche settimana, per allontanare la selezione delle foto dal mio “momento emotivo“. È quello di cui parlavo all’inizio del post: meglio fare passare tempo dalla sessione fotografica, altrimenti teniamo ancora troppo agli scatti fatti. Ci sono costati tempo, energie, investimenti in denaro, pianificazioni dell’uscita fotografica. Il giorno dopo non siamo ancora pronti a ingoiare il rospetto e vedere che, alla fine, non c’è proprio niente da salvare.
Sono rischi del mestiere, signori miei, soprattutto in fotografia naturalistica d’appostamento. Me ne sono già fatta una ragione e vado avanti benissimo.
Vi lascio ancora qualche fotina e vi saluto, grazie di avermi (forse, spero) letto. Ciao!
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